domenica 23 settembre 2012

Come in una palude

Dove prevalgano la violenza e la prevaricazione, lì imperano l'ignoranza, la mancanza di fantasia e la mediocrità.

E poi al Nord sono freddi...

Mi va di fare qualche considerazione sulla mia terra di origine, la Sicilia, ma fore risulta più appropriato dire della mia città, Palermo, la quale presenta senza dubbio delle caratteristiche decisamente proprie. Come credo la maggior parte dei palermitani, è praticamente da sempre che mi confronto e mi scontro con la dura realtà della convivenza con i miei concittadini, la quale sembra essere costellata più di episodi negativi che positivi. O meglio, gli episodi negativi riescono ad avere una presa molto maggiore nella memoria e finiscono col formare una collezioni di immagini che sanno di verdetto finale senza appello, anzi suffragato di continuo da conferme: "Che città di m... che è Palermo! Quanto mi fanno schifo i palermitani! Non c'è possibilità di riscatto per questa città!" ecc. ecc.

Invero, chiunque abbia vissuto anche per brevi periodi a Palermo è certamente incorso almeno una volta in un sentimento di rabbia e delusione di fronte a una situazione spiacevole che possiamo generalizzare come segue: " Perché questo barbaro - certamente si può declinare eventualmente anche al plurale- ha dovuto agire in questo modo, arrecando un danno a me, alla sua dignità e alla nostra citta'?"
All'origine di una amara considerazione come questa si può trovare di tutto: carta gettata a terra, manovra automobilistica azzardata e inutile, minacce di qualunque tipo, macchina rigata, brutale violenza, schiamazzo sbracato e prolungato, superamento della fila alla posta (i numeretti non hanno risolto il problema), furto, furto con arma bianca, scippo, scippo in motorino, incendio dei rifiuti, produzione spropositata di rifiuti, lamentele a voce alta anche lì dove non c'è nulla da lamentarsi, e poi prevaricazioni varie.
Stupisce quanto poca sia la distanza a cui un palermitano che ti rovina la giornata riesca ad arrivare da te. Stupisce come la totale mancanza di rispetto per il prossimo si dispieghi talvolta davanti ai tuoi occhi con una tale rapidità e inspiegabilità da non farti rendere nemmeno conto di quello che sta succedendo.

Insomma, Palermo, I love you. E allora che si fa? Si accetta e si tira dritto. A volte si tenterà di ragionare con l' "inquietatore" di turno, a volte si farà finta di niente e si tirerà dritto per la propria strada; ma il risultato sarà comunque che di tanto in tanto si avrà a che fare con qualcosa di spiacevole.
La totalità di chi emigra verso luoghi più civili e torna a Palermo solo per un bagnetto sembra incasellarsi in due sole categorie: quelli che non rimpiangono Palermo né quando sono a Palermo, né quando sono nella loro attuale città di residenza; e quelli - forse peggiori- che decantano le lodi di questa magnifica città quando sono all' "estero", e allora si sentono siciliani veri, e poi invece non fanno che dire peste e corna quando tornano per qualche tempo dalla famiglia.

Le mie considerazioni su quello che sarebbe giusto fare per dare una scossa positiva ai luoghi in cui viviamo partono proprio da qui. Immaginiamoci adesso un emigrato siciliano nel paradiso terrestre, a Berlino per esempio, e immaginiamo che si trovi benissimo e che ne sia entusiasta. Col tempo si sentirà parte integrante di questa città, sarà a tutti gli effetti ein Berliner; ma che succede quando magari torna a fare una capatina dai vecchi amici nella città di Santa Rosalia?
"Ah, che disordine, che caos, quale totale mancanza di civiltà! Lì dove vivo io certe cose non succedono e non potrebbero mai succedere!"
Ma è davvero così? Cioè, è proprio sicuro che un giorno Berlino non si possa trasformare in una città assolutamente incivile? La domanda da porre sul serio è il realtà la seguente: cosa rende una città o un paese civile? Cosa impedisce che un luogo veda peggiorare le condizioni di vita dei suoi abitanti, ma al contrario cosa permette che queste continuino a migliorare?
In ultima analisi sono gli stessi abitanti, gli stessi cittadini. E dimostrerò che in Sicilia le condizioni di vita sono spesso così scadenti perchè in ultima istanza siamo dei gran cacasotto. Sì, proprio così: dei gran cacasotto.
Ipotizziamo ancora questo nuovo berlinese. Che accadrebbe, se un giorno fosse aggredito, o se vedesse qualcuno buttare della carta a terra, o qualcuno rubare, fare un torto a un'altra persona, chiedergli il pizzo nel caso in cui avesse una attività commerciale, e così via?
Io posso assicurare che il tedesco medio, per carattere e per formazione, non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, e tiene molto di più alla propria onorabilità e dignità che alla propria sopravvivenza; e che quindi nei casi sommariamente ipotizzati, il tedesco reagisce a costo di rischiare controreazioni possibilmente dannose per lui . Fiducioso in parte nella macchina dello Stato e in parte nei propri mezzi, farà il possibile per venire a capo di un torto subito, o per far rispettare le regole anche agli altri.
E il siciliano emigrato invece? Secondo me, non farebbe proprio nulla, troppo timoroso di rischiare chissà quale ripercussione su di sé. Ne segue che nell'ipotesi di una Berlino civilissima, abitata però da cittadini poco solerti e indisponibili a preservarla a ogni costo, si assisterebbe a un lento ma inesorabile insorgere di comportamenti poco civili, barbari. Nel volgere di poco tempo, una città come Berlino diventerebbe un posto meno sicuro, meno rispettato, dove le cose non funzionano, e in cui parte dei cittadini ritiene di godere dell'impunità, qualora assuma atteggiamenti non conformi alle regole del vivere comune.

E adesso pensiamo al fatto che noi (e nemmeno tutti) chiamiamo eroi quelli che in Sicilia si sono comportati da normali e coraggiosi cittadini, dopo che sono lasciati soli a farsi ammazzare dalla Mafia.
Si tratta solo dell'esempio più estremo di una contraddizione che con mille forme diverse si perpetua ogni giorno nelle nostre città: l'indisponibilità a rischiare qualcosa per ottenere la giustizia; pensare che val bene scendere a compromessi con il barbaro di turno piuttosto che affrontarlo apertamente.
Siamo un popolo che ancora deve capire che cosa significa la dignità. Solo allora ci libereremo dalla barbarie.